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La Bibbia - perché il deserto.

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La presente ricerca può portare ad affermare che il luogo biblico fondamentale è il deserto.

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(nota: alla fine della pagina puoi trovare  il collegamento a una mia clip sul deserto della Giudea)

 

Possiamo dire che dal deserto le cose si vedono meglio con proporzioni più eterne.

Israele si è formato come popolo di Dio nel e attraverso il deserto. Con ciò si può affermare che il deserto fa parte dell’imprinting di questo popolo. I profeti non mancano di richiamare il tempo e lo spazio del deserto, per fare memoria dell’origine di una identità dentro la quale è custodita una certa immagine di Dio. Il deserto fa parte anche dell’iniziazione di Gesù e comporta anche per lui un imprinting, essendo situato subito dopo il battesimo, prima della sua uscita alla vita pubblica.

A differenza del Sinai e del Neghev, Gesù frequenta un deserto diverso, più piccolo, il deserto di Giuda.

A differenza dei quarant’anni del popolo, Gesù vi trascorre quaranta giorni.

Cambia il nome, la collocazione geografica e il tempo, ma l’esperienza è sempre quella del deserto.

Il deserto è pure luogo di connessione tra l’Antico e il Nuovo Testamento, tra l’ultimo dei profeti, Giovanni il Battista, e Gesù, colui che inaugura il nuovo regno.

Giovanni vive nel deserto di Giudea e interpreta quella “voce che grida nel deserto”, di cui parla Isaia: però Isaia e il Battista non fanno riferimento al medesimo deserto.

Bisogna notare che solo Matteo indica il nome del deserto della Giudea: in tutte le altre citazioni sia Giovanni sia Gesù frequentano semplicemente “il deserto” senza nominare di quale deserto si tratti.

Due sono i grandi deserti in Israele/Palestina: a sud da Bersabea a Eilat inizia il deserto del Negev, mentre dalla sponda ovest del Mar Morto fino al confine con la Samaria, si estende il deserto di Giuda. Si differenziano solo in ampiezza.

Sono fondamentalmente rocciosi, alternano monti e colline con gli “wadi” (insenature torrenziali) a volte alimentate da qualche rara sorgente che crea piccole oasi, ma sopratutto strade naturali, ideali anche per la pastorizia. Questo comporta di trovare sempre delle piante, che crescono anche in luoghi improbabili. In alcuni casi segnalano dove l’acqua si accumula in vasche sotterranee dopo le rare ma potenti piogge invernali. (Deuteronomio: ma il paese che state per entrare ad occupare è un paese di monti e di valli, che beve l'acqua della pioggia che viene dal cielo).

Quello del Neghev e della Giudea sono deserti popolati da animali. Ci sono animali diurni, fondamentalmente erbivori, e animali notturni, spesso predatori. L’insieme di questi fattori produce un ecosistema complesso, proprio perché l’acqua non manca del tutto. La vita in questi deserti “trionfa” sulla morte, ma in modo preferibilmente nascosto e umile.

Gli episodi più salienti legati al deserto sono quelli del popolo di Israele narrati in Esodo e nei Numeri.

Anche il re Davide ha fatto l’esperienza del deserto. Il re prima di essere proclamato tale ha dovuto conoscere l’esperienza dell’”esilio” nel deserto, inseguito dal re Saul  Una volta proclamato re di tutto Israele, non poté sfuggire a un ulteriore “esilio” nel deserto. Dopo alcuni anni di regno, uno dei suoi figli, Assalonne, usurpò il suo trono e Davide fu costretto ad andarsene, lasciando Gerusalemme per inoltrarsi nel deserto. Samuele riporta questo momento difficile:

“Tutti piangevano ad alta voce, mentre tutto il popolo sfilava. Il re stava in piedi nella valle del Cedron, mentre tutto il popolo passava davanti a lui, diretto verso il deserto. […] Davide saliva l’erta degli Ulivi; saliva piangendo, a capo coperto, e procedeva scalzo. Tutto il popolo che era con lui si coprì il capo e salì piangendo continuamente”

Dopo mille anni circa, Gesù provenendo dalla strada del deserto, da Gerico, scendendo dal Monte del gli Ulivi, piangerà sulla città santa.

Il deserto è considerato un luogo di prova e tentazione. Così è stato per il popolo di Israele così è stato per Gesù. Mentre il primo ha ceduto, incrementando gli interventi di Dio per perdonarlo ed educarlo, il secondo ha superato le prove, uscendone “vincitore”.

Leggendo Matteo e Luca, le prove sono tre:

  1. trasformare le pietre in pane;

  2. gettarsi dal precipizio, assicurati dagli angeli, e così dare spettacolo;

  3. )prostrarsi a Satana per avere gloria e potere.

Tali prove sono legate agli appetiti fondamentali della vita riassumibili in tre verbi: avere (a), valere (b), potere (c).

I quaranta giorni o i quarant’anni di deserto sono “luogo e momento di passaggio”. Si tratta di uno spazio e un tempo per crescere, imparare dai propri errori nel caso di Israele, o verificare la bontà del “profeta”, di quanto sia veramente un inviato di Dio, nel caso di Gesù.

Le tentazioni del deserto sono lì a dire una situazione permanente, un’esposizione alle prove della vita che il Figlio di Dio affronterà fino alla croce.

La tradizione ha voluto fissare un luogo per poter ricordare questo episodio. Si tratta della “Laura di Duka” presso il Monte della Quarantena, il monte che sovrasta la città di Gerico, a ricordo dei quaranta giorni di Gesù nel deserto Attualmente si vede il monastero ortodosso del 1895.

Il deserto non è solo un luogo ostile anzi lo possiamo quasi considerare un luogo ospitale.

Marco scrive che Gesù “stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano”.

Anche Matteo accenna agli angeli, alla conclusione delle tre tentazioni, ma in Marco è più esplicito il riferimento a una tradizione apocrifa che precedeva l’epoca neotestamentaria. Secondo tale tradizione Adamo e Eva vivevano in pace con gli animali, anche quelli diventati feroci, ed erano serviti dagli angeli e Adamo entrò a prendere parte dell’Eden dopo quaranta giorni.

Il deserto è luogo e tempo di passaggio, ma Marco sembra sottolineare anche il fatto che si tratti di un luogo di vita dove Gesù, nuovo Adamo, compie le promesse messianiche di Isaia a riguardo del rapporto con la natura e gli animali

L’Antico Testamento parla di un deserto fiorito, partendo dall’esperienza concreta tutt’oggi sperimentabile di vedere i deserti di Israele trionfare di verde e di fiori a seguito delle rare piogge torrenziali. Tale prodigio non manca di suggerire un richiamo al giardino terrestre soprattutto per un profeta come Isaia che ha nutrito di questa esperienza molti dei suoi oracoli di speranza:

“Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria del Signore, la magnificenza del nostro Dio”

Il deserto non è richiamato per esprimere un nuovo esodo, quanto un giardino, un nuovo Eden. Isaia nei suoi oracoli include la terra arida: fa entrare nell’idea di terra promessa un deserto fiorito, ospitale, vivibile, gioioso e bello, pensato come dono. Egli profetizza come anche animali feroci partecipino di questa pace:

“Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; il leopardo si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà. La mucca e l’orsa pascoleranno insieme; i loro piccoli si sdraieranno insieme. Il leone si ciberà di paglia, come il bue. Il lattante si trastullerà sulla buca della vipera; il bambino metterà la mano nel covo del serpente velenoso”.

Questa immagine diventa suggestiva di un ritorno alla dimensione primordiale, ma anche di un desiderio di pace dove il rapporto con la natura non comporti più paura, minaccia, fatica per la sopravvivenza.

Nella tradizione apocrifa, dopo la caduta si afferma esplicitamente che Adamo ed Eva erano condannati anche ad avere gli animali come nemici.

A distanza di secoli il deserto di Giuda ha ospitato centinaia di monaci. Possiamo affermare che il deserto di Giuda è fiorito, infatti, poiché si è popolato di migliaia di creature assetate di Dio. Caritone, Eutimio, Teodosio e Saba sono solo alcuni dei principali monaci anacoreti che dal IV al VI secolo hanno scelto di stare presso gli wadi del deserto, accogliere pellegrini, dedicarsi all’ascesi e alla preghiera, condividere le loro esperienze, accogliere e accompagnarli nella vita spirituale.

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FOTO (Deserto della Giudea)     (clic sulle miniature)

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