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Presepe palestinese 2017.

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Il sito: La parte di un villaggio qualunque, posta in una qualunque zona del deserto della Giudea, ove viveva la classe degli artigiani (falegnami, vasai, panettieri, ramai, fabbri, ecc). Avevano il loro laboratorio/bottega generalmente sulla strada; spesso era la loro stessa casa. Erano una minoranza rispetto agli altri lavoratori ed erano una categoria abbastanza agiata [questa agiatezza mi ha portato alla presentazione di abitazioni ben diverse da quelle  che si dovrebbero trovare in un classico presepe palestinese ovvero le povere e misere abitazioni dei pastori]. I conciatori/tintori vivevano lontano dalla comunità perché con il loro lavoro producevano un odore sgradevole: erano considerati quasi degli “impuri”. Ecco spiegato perché ho posizionato il laboratorio di questo personaggio in una grotta quasi invisibile nel restante ambiente.

La scelta del deserto della Giudea è data dal fatto che questo deserto si distingue per il suo spettacolare paesaggio in continuo mutamento: monti, rocce e colline calcaree fronteggiano pianure, letti di fiumi e canyons, scavati nel tempo. Ecco spiegato il perché della non totale aridità e delle irregolarità del terreno di questo manufatto. (vai al mio filmato filmato "Deserto della Giudea"​)

Prima di fare un presepe penso ad uno specifico obiettivo che voglio trasmettere con il manufatto e che esplicito nella presentazione. Questo obiettivo riguarda qualcosa che avviene comunemente nel nostro mondo moderno e che sia tale da essere rappresentabile nel presepe.

Il “focus” cioè l’obiettivo di quest’anno è quello di evidenziare l’amore che sta sbocciando tra una mamma ed il suo piccolo appena nato e i problemi che possono assillarla in questo periodo. 

“Quando nasce un amore, non è mai troppo tardi” diceva una famosa canzone. Ed è proprio quello che intendo quando si parla dell’amore che sboccia tra mamma e figlio.

“Quando lo vedrai te ne innamorerai subito perdutamente” si era sentita continuamente ripetere la futura mamma.

Ma è poi veramente cosi?  Esimi studiosi della psiche umana riportano invece una situazione  diversa.

E così la mamma, con quell’esserino appena nato in braccio, non sente tutto quell’infinito e subitaneo amore che si era immaginata ma sente un poco di disorientamento e magari anche  un poco di paura. Ha la sensazione di non essere più oggetto delle attenzioni e preoccupazioni che aveva ricevuto fino a qualche giorno prima perché le sembra che ogni interesse si sia spostato sul neonato. Anche i ritmi sono cambiati repentinamente: si accorge come il suo corpo sia passato, in pochissime ore, da contenitore della propria creatura a distributore di cibo, che le ore di sonno diminuiscono, che gli ormoni impazziscono.

Perché tutto questo? Molte sono le risposte che gli stessi studiosi si danno, ma la maggior parte è concorde su un punto:

la mamma non conosce ancora quel piccolo esserino  che tiene tra le braccia: è stata una cosa troppo repentina.

Ma la natura ha fatto si che sia il bimbo stesso a donare il primo aiuto alla mamma: è il suo bisogno di sicurezza che diventa primario, e, in sostanza, è solo la presenza materna, grazie alle sensazioni familiari che produce, a poter garantire la soddisfazione di un tale bisogno. Per il neonato il petto della madre è il luogo di cura e conforto. Per cura si intende che i suoi tre bisogni biologici di base siano soddisfatti: il contatto pelle a pelle gli assicura il calore, il seno gli garantisce il nutrimento e le braccia lo riparano offrendo protezione.

Anche il papà involontariamente potrebbe essere causa di problemi che assillano la mamma in questo periodo. Ma gli studiosi rispondono che il loro numero è molto esiguo.

Dopo pochi giorni di trambusto generale (in cui lui l’ha aiutata, ha passato insieme notti insonni, mangiato scatolette come gli astronauti e vissuto in simbiosi questo turbinio), lui torna al lavoro e per la maggior parte della giornata, per lui, torna immediatamente tutto come i giorni che passava prima del parto.

“Lo sveglierò di notte quando il piccolo piange (perché ha fame)?”: pensando che lui dovrà affrontare una giornata lavorativa più o meno intensa lo lascerà dormire.

La mancanza di altri personaggi nel manufatto (il tintore ha spento il focolare ed ha lasciato il materiale ad asciugare ritirandosi all’interno della sua grotta, il vasaio ha lasciato i suoi manufatti, non ancora completati, all’aperto, i mutatori sono rientrati nelle loro abitazioni lasciando sul “cantiere” il materiale da usare l’indomani, il mugnaio non ha pulito e insaccato il macinato) è appositamente voluta [possiamo pensare che sia sera  e tutti si siano ritirati nelle loro case] per non intaccare minimamente la figura della famiglia che è l’oggetto del “focus” [Giuseppe si è steso a terra e dorme, Maria è desta e tiene stretto al seno il Piccolo assicurandogli cibo, calore e protezione]

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Le statuine di Maria che allatta il Bambino e di Giuseppe che dorme  sono state realizzate dall’amico Paolo Stoppa (all'indirizzo http://www.paolo-stoppa.it/#!/home si può vedere il particolare stile dell'artista – si possono vedere altre sue opere in questo sito  alla  sezione "Varie - Presentazione di P. Stoppa " .     La spiegazione del perché tutte le sue opere siano senza volto è data dall’artista stesso: “Ed è per questo motivo che essendo figure universali non possono essere identificate con volti riconoscibili. Nelle mie opere, siano esse quadri o statue, io cerco di rappresentare un umanità universale e senza una precisa collocazione temporale ma che possa suscitare una emozione di chi lo guarda. Io cerco di ricreare l'atmosfera dei soggetti attraverso le forme, i colori e gli atteggiamenti dei soggetti rappresentati”.

Altre precisazioni:

Per la realizzazione del terreno ho utilizzato la stessa tecnica che ho presentato nel mio manufatto dello scorso anno (vedi “Presepe palestinese 2016” in questo stesso sito) utilizzando esclusivamente sabbia di vari colori e opportunamente miscelata in modo da simulare tutte le colorazioni variabili di questo deserto. Tutte le parti in legno provengono da legname preso dal pianale di vecchi carri ferroviari arrugginiti usati per il trasporto di materiale bellico e/o altro durante la 1° guerra mondiale (nessuna colorazione né alcun ritocco alle venature/rugosità perché ho voluto mantenere lo stesso stato/colore preso dal legno rimasto esposto alle intemperie per tutti questi anni.

I cipressi sono il residuo erboso/legnoso delle infiorescenze di alcuni cespugli dopo la caduta dei fiori

Particolare interessante: il pappo (ovvero l’appendice piumosa contenente i semi) di uno dei cardi selvatici posti a formare una siepe è comparso spontaneamente (durante la notte) dopo qualche giorno dal posizionamento dei cardi stessi nel manufatto

Le statuine sono di 12 cm.

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FOTO  (clic sulle miniature)

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